Perchè mamma e bambino?

Apostolato

Storia di una congregazione che si mette in gioco


 

   Perchè continuare ad accogliere le mamme con i loro figli?   

   Storia di una congregazione che si mette in gioco   


   di Madre M. Diodata Guerrera   

  

Motivare una scelta esige sempre un po’ tempo per elencare le motivazioni di inizio, del perché si continua ed del come si vuole continuare.

 

Semplificando bisognerebbe parlare del passato, del presente e del futuro.  Non farò questa disanima, impossibilitata dalla dinamica di questo incontro.  Ma rispondo subito alla domanda davvero interessante che è posta nel titolo di questo mio intervento: perché continuare ad accogliere  le mamme con i loro figli?

 

In un mondo relativista, in un mondo dove l’individualismo e l’egoismo sono le regole di vita sembra assurdo che ci si interessi di persone che soffrono, che sono bisognose di affetto, di cure, di attenzioni, di sussistenza economica. Basta leggere i giornali per rendersi conto che, in un mondo che largamente disattende i valori etici fondamentali della vita, interessarsi di “mamme e bambini in difficoltà” è assurdo, come è assurdo prendersi cura dell’anziano, dell’ammalato, del disabile … la cronaca quotidiana, sia nazionale che internazionale, ci pone di fronte a fatti spesso davvero raccapriccianti e crudeli.

 

L’ “eliminazione”  sembra la risposta più logica.  “Noi, - dice il Papa Benedetto XVI (quando era ancora Cardinale) -  invece abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero Uomo.  E’ Lui la  misura del vero umanesimo”[1]

E se in noi entra Cristo di conseguenza colei o colui che soffre entra di diritto come persona che deve essere aiutata a vivere nella sua dignità.

Il nostro approccio, quindi, è dettato dalla fede in Dio Padre che ha dato alla creatura umana la dignità  di figli.  Noi crediamo profondamente nella dignità umana  e rivolgiamo lo sguardo a chi si trova a disagio, chi è più nel bisogno, sono loro, questi figli di Dio che necessitano attenzione,  rispetto, accoglienza, tenerezza, calore umano.

Desidero ora introdurre le mie riflessioni con una preghiera che nasce dal cuore di chi sa superare “la dittatura del relativismo”[2]  e la forza del potere a tutti i costi della nostra società e sa, invece, riflettere, amare e donare contemplando il volto del Cristo in quello bellissimo dei “senza volto”.

La preghiera suona così:

Per tutte le mamme che abbiamo accolto e che accoglieremo, perché trovino quella speranza, quella fiducia tradita; sono tanti i problemi che le assillano, fà sentire il tuo amore, quello vero, che magari ancora non hanno conosciuto, dai quella forza necessaria per ricominciare e dire: “le cose passate non sono più, ecco, proprio ora ne sono nate di nuove”. Per i loro bambini, non vogliamo farne a tutti i costi, dei grandi uomini, Signore, ma avremo ben operato se saremo riuscite a fare di loro donne o uomini liberi e sereni, che non vivano nel rancore di un’infanzia mai avuta, ma che siano sereni e certi di un futuro migliore. Illumina, Signore Gesù, con la luce della tua Parola tutti noi educatori. Donaci un cuore grande, capace di accogliere e amare. Svelaci il segreto per essere educatori secondo il tuo Cuore, secondo il carisma di Padre Annibale Maria e vivere con generosità, gioia e amore.  AMEN.

E’ questa la voce orante di una delle educatrici Figlie del Divino Zelo, che attualmente operano nei quattro Centri Mamma-bambino in Italia e che esprime in qualche modo l’obiettivo della nostra Famiglia religiosa che da 123 anni è al servizio della tutela della vita e della dignità del minore e da 18 anni opera nel campo delle opere sociali per le mamme con i figli.

Tale missione è stata sostenuta nel tempo dalle parole di Cristo: “Qualunque cosa avrete fato a uno di questi piccoli, lo riterrò fatto a me”  e dalla testimonianza di vita e dello zelo missionario del nostro Fondatore Sant’Annibale M. Di Francia che operando in mezzo ai poveri rifletteva: “Che cosa sono questi orfani che si salvano e questi poveri che si evangelizzano di fronte a milioni che se ne perdono e che giacciono abbandonati come gregge senza pastore?”

   Un po’ di storia   

La Congregazione delle Figlie del Divino Zelo si è messa in gioco sin dagli inizi quando nel 1882, Annibale Maria Di Francia, giovane sacerdote, accoglie nel piccolo quartiere dei poveri, a Messina, le prime bambine e poi i primi ragazzi di strada. Inizia, così,  l’istituzione degli “Orfanotrofi Antoniani”, che nel tempo, soprattutto quando lo stato era assente, ha svolto opera di accoglienza, di accudimento, di istruzione e formazione professionale offrendo opportunità di lavoro e di inserimento sociale a migliaia di ragazzi e ragazze.   A loro tante religiose hanno dedicato la vita con l’esercizio di una maternità spirituale che, pur con i suoi limiti, ha cercato di dare risposte ai bisogni del tempo, certo con gli strumenti del tempo, ma assicurando, comunque, un calore affettivo che diversamente quei piccoli non avrebbero mai conosciuto e le cui conseguenze la moderna psicologia ci presenta molto bene.

Dal 1882 al 2005 è stata scritta una storia fatta di volti, di vite interamente spese per questo santo ideale, di fatiche e di ricerche continue, in ascolto dei nuovi bisogni e delle richieste del territorio, in dialogo sempre con le forze ecclesiali e sociali del territorio e in collaborazione con il laici. Hanno illuminato tale cammino la storia carismatica del nostro Fondatore.

Egli, preso dalle parole di Cristo, “La messe è molta, gli operai sono pochi. Pregate, dunque, il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe”, intuisce, quindi, le motivazioni evangeliche che sottendono il suo slancio caritativo a favore della messe e di questa, in particolare, di quella più debole: i piccoli.  “Fra tutte le opere sante quella di salvare i teneri fanciulli - egli scrive -è santissima, quindi vi attenderemo con ogni sacrificio penetrando con spirito di intelligenza il bene sommo che si fa strappando i fanciulli al vagabondaggio, ai pericoli, al pervertimento, per avviarli ad educazione e istruzione … e un giorno buoni padri e madri di famiglia se Iddio a tanto li destina”.  

E parlando ai genitori: “A voi Dio affida la gran messe delle future generazioni”  e ancora  “Il vero ambiente adatto per l’educazione è la famiglia quando è buona”.

E’ una storia di Congregazione fatta di autocritica, alla ricerca di nuove vie per offrire ai minori un futuro migliore e per non far naufragare i loro sogni, una storia segnata da interrogativi che sono emersi puntualmente nelle assemblee e negli incontri delle educatrici Figlie del Divino Zelo, sollecitate dai cambiamenti socio-culturali e dalle nuove emergenze attraverso le persone che bussavano alle nostre comunità.

Negli anni ’70 la Congregazione focalizza sempre più che la famiglia di origine dei minori, diventata sempre più problematica, non può rimanere estranea al recupero del minore stesso, anzi si fa sempre più chiara la convinzione che senza  un intervento su questa, ogni fatica educativa è destinata, nel tempo, a fallire.

Nel capitolo generale del 1986 le Figlie del Divino Zelo così si esprimono: ”Consapevoli che la nostra attività non dovrà limitarsi ai soli minori, ma estendersi alla famiglia, bisognerà aprire con i genitori un dialogo costruttivo, conoscere meglio le reali situazioni di disagio e responsabilizzarli nel loro compito per poter svolgere una comune azione educativa.”  E ancora:  ”La messe bisognosa appare sconfinata, pur nella consapevolezza di non poter curare tutti i mali del mondo, ci interroghiamo seriamente. Le proposte, accompagnate dal desiderio di venire incontro a nuove forme di povertà, sono varie, sofferte e chiare. Ogni casa può diventare, anche se temporaneamente, una piccola Casa famiglia, un centro di accoglienza, una casa per qualche ragazza col bambino”.

L’anno dopo, il 24 luglio 1987, su richiesta del Comune viene inaugurata a Genova, Sampierdarena, accanto all’opera per i minori che esisteva sin dal 1947, la prima casa per mamma e bambino.

La cronaca della casa dice di quel giorno semplicemente: “Si è aperta in forma sperimentale la Casa di accoglienza Annibale M. Di Francia per le ragazze Madri con i bambini, opera sociale e umanitaria tanto richiesta dal comune e dal servizio sociale di Genova. Oggi c’è la prima mamma con una bambina handicappata. Il Signore e il Padre Fondatore vogliano benedire quest’opera appena iniziata.

Lo statuto iniziale così ne esprime la finalità: “La casa è istituita perché il bambino possa vivere vicino alla propria madre e godere di quel rapporto affettivo indispensabile al suo sano sviluppo fisico e psichico; perché la madre non sia costretta a rinunciare alla maternità soffocandola sotto il peso di necessità economiche e materiali o sotto quello ancor più grave del pregiudizio di ambiente, abbia un clima sereno per superare l’ostacolo della solitudine spirituale ed umana; perché i minori, in particolare stato di bisogno, abbiano un ambiente e una educazione adeguata” (art. 4).

Alla luce dell’esperienza avviata, nel 1990, in occasione della beatificazione del Fondatore, stimolate e incoraggiate da sua Ecc.za il Vescovo di Oria, Mons. Armando Franco, la Congregazione apre la seconda casa, il Centro Sociale Mamma-bambino a Oria, in provincia di Brindisi.

L’Istituto lungo gli anni guarda alle due opere, che si vanno sviluppando e consolidando, come a “una realtà nuova”, in modo particolare si va diffondendo la convinzione che è importante assicurare il legame mamma-bambino e soprattutto matura una necessaria collaborazione tra religiose e laici, nel rispetto delle competenze, nella condivisione degli stessi ideali, in una promozione di reciprocità, tutto a vantaggio dei bambini e delle loro famiglie.

Vengono aperte, nel tempo, altre due case di questa tipologia, una a Montepulciano (Siena) nel 2002 e l’altra a Trani (Ba) nel 2004. Oggi ne sono in progettazione altre: a Firenze, a Borgo alla Collina, a Giardini, a Messina.

   Per fare il punto della situazione   

Ogni centro ha una sua storia, una sua configurazione, offre servizi particolari, ma alla base c’è una precisa esigenza condivisa: “Il diritto del minore a crescere e ad essere educato nell’ambito della famiglia propria o di appoggio per cui ogni intervento deve essere rivolto alla famiglia di origine che deve essere aiutata a prevenire e a superare le condizioni di indigenza che le impediscono di svolgere tale compito. Non separare dunque, ma per quanto, e dove è possibile, offrire possibilità di recupero”.

La Congregazione, sulla base di un cammino ventennale certamente oggi si interroga … e l’inaugurazione della casa  Bel Vedere è l’occasione propizia per fare un tentativo di bilancio, per ipotizzare nuove prospettive, per continuare a investire risorse per tale servizio in un tempo difficile soprattutto per la carenza di vocazioni (italiane), che si fanno carico, giorno e notte, della gestione di tali opere.


   Il cammino già fatto   

1.  Le case per l’accoglienza delle mamme e dei bambini, pur nella loro diversità logistica e territoriale, hanno lo stesso obiettivo: “Accogliere mamme in situazione di disagio psico-sociale insieme ai loro figli”. Con diversi strumenti e modalità di intervenendo si prefiggono di aiutare le mamme a recuperare o a potenziare la capacità genitoriale, di sostenere ed accompagnare la relazione mamma-bambino, puntando al reinserimento nel campo lavorativo e sociale, privilegiando la ricostruzione familiare e tutelando il minore anche attraverso possibile affidamento.

2.  Il numero delle donne accolte ad oggi è di 78 mamme a Genova, di 250 ad Oria, di 10 a Montepulciano, di 10 a Trani.

3.  L’età delle mamme comprende un arco ampio: le giovanissime (16-22 anni) ma anche le adulte (40-45)

4.   La Nazionalità è diversa a secondo della posizione geografica dei Centri: Oria accoglie prevalentemente mamme del Sud (pugliesi, siciliane, calabresi) ma anche in minor numero rumene, albanesi, bulgare: Genova soprattutto Extracomunitarie; negli altri due centri, donne italiane ed extracomunitarie.

5.  Le situazioni problematiche di provenienza sono:

·         Sociali: famiglie isolate dal contesto sociale, difficoltà economiche ed abitative, immigrazione, famiglie monoparentali;

·         Relazionali: maltrattamenti, promiscuità, violenza materna;

·         Patologie genitoriali: personalità al limite, nevrosi, insufficienza mentale, alcolismo, droga.

6.  Le maggiori difficoltà incontrate:

·         con l’utenza: resistenza nelle mamme adulte a far accettare le regole della convivenza;

·         con i tribunali: l’iter burocratico e a volte poca sensibilità nel percepire il vero problema;

·         con i servizi sociali: carenza di servizi per il reinserimento del nucleo nel territorio, carenza di una politica sociale a favore della famiglia che tenga conto dei bisogni ma anche delle risorse della stessa, impossibilità a trovare lavoro;

·         con la vita quotidiana: l’inserimento sociale non è facile per la difficoltà di reperire lavoro e un lavoro remunerativo sufficiente per pagare anche la casa, con orari lavorativi compatibili per l’accudimento dei figli.

7.   Si è riusciti a dare le seguenti risposte:

·         al posto della solitudine e dell’abbandono si è dato accoglienza, protezione, sicurezza;

·         si sono risolti problemi burocratici e organizzativi (permesso di soggiorno, sanità, iscrizione a scuola);

·         si è offerto un modello di relazione adulta e la possibilità alle mamme di sperimentarsi nel ruolo genitoriale al fine di migliorare tutto il sistema relazionale familiare e sociale del nucleo accolto.

8.    Tra le altre iniziative si rivela utile la rete di aiuti da offrire alle donne nel momento del loro reinserimento a cui possono rivolgersi per avviarsi a una vita sempre più autonoma.


   Perché continuare in quest’opera   

Fermo restando che l’amore alla vita è il motore principale del perché continuare, ci sono alcuni motivi che confermano la validità di quest’opera.

In particolare:

·         l’intervento precoce sulla relazione madre-bambino rappresenta uno strumento di prevenzione e di tutela del minore e un’occasione per la mamma di riorientarsi in un nuovo progetto di vita per sé e per i propri figli;

·         intervenire sulla famiglia garantisce un lavoro educativo più valido per il minore, è un’alternativa alla separazione mamma e figlio che crea sempre dei traumi;

·         offre la possibilità e ulteriore strumento per valutare con più sicurezza eventuali necessari affidi o adozioni.

Prospettive:

L’istituto in quest’opera che cambia col mutare sociale si sente interpellato a valutare il suo agire e la conduzione di tale opera. Sicuramente si tratta di proseguire il lavoro avviato e consolidato negli anni,ma anche di essere aperte alle innovazioni.

Le sfide più urgenti sono:

·         riuscire a offrire opportunità formative agli operatori, laici e religiose,  sia dal punto di vista professionale sia sulle motivazioni e sui valori cristiani e carismatici propri dell’Istituto;

·         collaborare ancora di più con il territorio per la tutela della vita in ogni sua fase;

·         farsi voce presso le istituzioni per una politica della famiglia più concreta e rispondente ai bisogni della famiglia debole;

·         avviare un confronto e realizzare una rete tra i nostri quattro Centri, in collaborazione anche con le altre case famiglia per minori dell’Italia;

·         il percorso verso l’autonomia e l’inserimento sociale delle mamme deve essere graduale. Prima di una sistemazione completamente indipendente sarebbe fruttuoso il passaggio in “appartamenti protetti”, con una presenza educativa più leggera; 

·         intervenire sul nucleo familiare, visto che le leggi non prevedono più la separazione dai genitori;

·         diventare sempre più Centri per la famiglia nell’ottica di qualificare e rafforzare la soggettività sociale delle famiglie e dare loro voce, attraverso sempre più adeguate forme di rappresentanza.

E così l’Istituto continua la sua messa in gioco con un problema tanto scottante quale è,  appunto, la salvaguardia della dignità della persona umana nel suo valore esistenziale.

Ma la nostra  “messa in gioco”  è fiducia sulla Parola di Cristo il quale ci dice che i poveri saranno sempre con noi[3], ma ci dice anche: coraggio, non temete, non abbiate paura Io sono con voi[4]  e noi, con fede e speranza affrontiamo il positivo e, “sulla sua Parola”, gettiamo le reti[5],  continueremo ad  accogliere, continueremo ad amare, ad avvolgere di tenerezza i  “senza volto”  della società, coloro che sono esclusi, dimenticati o sicuramente poco amati, continueremo ad amarli non solo perché sono nostri fratelli,  ma anche perché li sentiamo figli, generati da noi ad una vita serena e dignitosa.

Concludo con le parole di Sant’Annibale augurando a tutti che possiamo avere gli stessi suoi sentimenti in merito:

“Mi sembra di avere legame di una santa amicizia con tutti sulla terra, siano della mia religione o di altra, siano ricchi o poveri, signori o operai, umile e misera gente o alta aristocrazia.  Ho veduto un mio fratello, un mio signore in ognuno, e ciò che di meglio ho desiderato per me in questa vita e nell’altra, l’ho desiderato ugualmente per tutti”. 


[1] Cardinale J Ratzinger

[2]  Cardinale J.Ratzinger

[3] Cfr. Gv 12,8

[4] Mt 14,26 ;Mc 7,50

[5] Gv 21,6

 

 

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